martedì 26 gennaio 2010

In Africa si paga per non guarire

Farmaci falsi, inefficaci, scaduti fanno la gioia di commercianti di veleno e cinici speculatori. Il tutto sullo sfondo degli interessi e delle ripicche di chi dovrebbe vigilare

da What's Up di luglio 2009
Recentemente un carico di farmaci anti-malarici è approdato in Nigeria. Sulle etichette era scritto “made in India”, ma le autorità sanitarie nigeriane hanno fatto sapere che i prodotti erano in realtà cinesi. L'incidente ha causato forti proteste da parte di New Delhi il cui governo ha richiesto esplicitamente le scuse ufficiali di Pechino. Il problema è stato presentato sia sotto l'aspetto umanitario sia, anzi soprattutto, per quello economico. Cina e India sono in lotta aperta da molto tempo per quella fetta del commercio africano dei medicinali che nasconde, dietro l'apparente velo dell'aiuto umanitario, interessi geopolitici ed economici non da poco. Entrambe le nazioni, infatti, sono in cerca di una consistente apertura dei rapporti commerciali con il continente nero e lo smercio di medicinali presso quei Paesi, come la Nigeria, ricchi di materie prime fondamentali, giova moltissimo agli accordi economici. Il confronto si basa sul fatto che i medicinali indiani e cinesi vengono smerciati nel continente a prezzi inferiori rispetto a quelli delle multinazionali occidentali, le quali, di par loro, non perdono occasione per sottolineare come quei prodotti non seguano le norme dell'Organizzazione mondiale della sanità. L'Oms, infatti, rende noto che, secondo uno studio, quasi il 60% dei medicinali che approdano nel continente nero sono inutili, inefficaci o addirittura scaduti e più del 30% risultano contraffatti. Proprio dalle industrie di alcune case farmaceutiche escono prodotti al risparmio con conseguenze ovvie sulla loro efficacia e non sono in pochi i medici volontari in Africa che raccontano di situazioni in cui si devono accontentare anche dei farmaci di dubbia provenienza non potendo avere di meglio. Del resto è normale che in una zona del mondo dove i controlli sono scarsissimi, se non nulli, il mercato dei farmaci falsi trovi libertà d'azione e la Cina risulta esserne la maggior produttrice. Dalle fabbriche cinesi spesso escono prodotti con principi attivi non adatti all'impiego o addirittura inesistenti, altri presentano semplici misture di acqua, farina e zucchero e non sono rari i casi in cui sono stati rilevati agenti tossici. A Pechino stanno tentando di tenere sotto controllo questo mercato illecito. Nel 2007 ben tre ufficiali del Dipartimento per la registrazione dei farmaci sono stati incriminati per corruzione da parte di aziende farmaceutiche che cercavano una veloce approvazione dei loro prodotti. Nonostante ciò l'amministrazione cinese fatica a controllare il fenomeno.
È facilmente comprensibile, dunque, la rabbia degli indiani nell'apprendere che medicinali di chiara provenienza illecita siano finiti sul mercato africano con la dicitura “made in India” e il risentimento monta ancor di più nel momento in cui a New Delhi scoprono che provengono proprio dalla Cina, loro principale avversario commerciale in quella regione. Sul sito dell'Ufficio Stampa governativo indiano è stato pubblicato un comunicato che attacca velatamente, ma con parole chiare, Pechino. “L'Alto Commissariato Indiano in Nigeria – si legge – ha indicato che la consegna contenente pasticche di Maloxina e Amalar impiegate nel trattamento della Malaria era valutato 32,1 milioni di Naira (moneta nigeriana, circa 155mila euro) e sono state prodotte, confezionate e spedite via mare dalla Cina”. Nel comunicato il governo indiano ribadisce la sua preoccupazione perché Pechino offra maggior attenzione nei confronti del problema e prenda provvedimenti nei confronti di chi “malign” (diffama) il nome dell'India in questo settore. La nota si conclude ribadendo la posizione di New Delhi sulla questione del commercio dei farmaci: “L'India ha acquisito una forte posizione come produttore ed esportatore di generi medicinali economici i quali hanno capacità curative pari alle loro alternative brevettate – il riferimento è alle multinazionali – ma con costi molto più ragionevoli. I medicinali generici servono a curare le persone povere che non possono permettersi i farmaci brevettati e di marca, estremamente cari, delle multinazionali appartenenti in maggioranza a Paesi sviluppati”.
Non sarà comunque un episodio come questo a migliorare la qualità complessiva dei medicinali commercializzati in Africa. La mancanza quasi totale di controlli e la disperazione della popolazione, infatti, sono il più florido terreno per chi disprezza totalmente la vita in favore del denaro facile.

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