
Da Pyongyang fino a Tripoli. Come un missile può essere venduto a tutto il mondo
Lo stato di salute dell’autoritario presidente della Nord Corea, Kim Jong Il, pare essersi aggravato di recente. Due ictus avrebbero colpito il “Caro Leader” e, tra quelle rubate e quelle smentite, l’unica notizia veritiera è che il presidente è chiuso in casa da troppo tempo per non destar sospetti. Proprio come lui, anche la sua nazione pare chiudersi a riccio di fronte al mondo esterno. Dopo aver serrato le sue frontiere con Sud Corea e, a nord, con la Cina, il Paese, in crisi economica e sociale, si è dato ad esose richieste. Se nell’ottobre scorso gli Stati Uniti stavano valutando di depennare la Nord Corea dalla lista degli stati-canaglia per favorire i negoziati sulla denuclearizzazione, oggi è più un imposizione che una scelta. Avendo deciso di riaprire il reattore nucleare di Yongbyon, risalente all’epoca sovietica, Pyongyang ha ribadito all’America di voler essere tolta dalla lista nera ed ha acconsentito alle ispezioni internazionali sul reattore solo dopo che saranno arrivati gli ingenti aiuti promessi da Stati Uniti, Russia, Cina, Giappone e Sud Corea. Più che di aiuti economici sembrerebbe un riscatto. Già in ottobre, infatti, i nordcoreani avevano spiegato più di dieci missili sulla sua costa occidentale per effettuare test sui modelli KN-01 e Styx (con gittata di 110-120 km il primo e 46-50 il secondo), proprio a pochi giorni dai colloqui sul nucleare con gli americani. La Russia, di par suo, ha sempre affermato di trovare eccessivi i test missilistici di Pyongyang, ma d’altronde è Mosca ad avergli venduto quei missili e il vettore di produzione nordcoreana Ro-dong, progenitore dei tanto temuti Shahab iraniani, è nato da un progetto finanziato proprio da Teheran e con la supervisione degli stessi russi. Insomma, la Nord Corea è in un difficile momento in cui i crediti con Mosca e Teheran, le minacce missilistiche a Seoul e Tokyo e quelle nucleari a Washington, possono portare un po’ di soldi nelle casse dello Stato e, magari, garantire cure migliori al povero presidente.

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